Le nuove tecnologie spiazzano le culture mòchene, cimbre e ladine
La tutela delle minoranze linguistiche e dello loro identità territoriale è messa in discussione dalla diffusione delle nuove tecnologie tra le giovani generazioni e dalla scarsa consapevolezza dell'importanza della preservazione delle tradizioni territoriali da parte della società trentina. L'allarme è stato lanciato nel pomeriggio di ieri da Dario Pallaoro, presidente dell'Autorità provinciale per le minoranze linguistiche, in occasione della presentazione del terzo rapporto annuale sull'attività dell'organismo di consulenza, vigilanza e verifica degli interventi pubblici in tema di salvaguardia e tutela delle specificità culturali delle comunità mochene, cimbre e ladine. Stando a quanto riferito nel corso della conferenza di presentazione del documento, infatti, vi è un forte rischio di abbandono graduale della lingua e delle tradizioni di ciascuna minoranza in relazione alla diffusione delle moderne tecnologie di comunicazione, che favoriscono un orizzonte culturale globalizzato. Il fenomeno, caratterizzato da un distacco delle popolazioni di minoranza dal «contatto essenziale con la storia e la cultura» di appartenenza, è riscontrabile soprattutto nelle nuove generazioni, maggiormente propense all'utilizzo di computer e smartphone. «In questo momento - ha detto Pallaoro - la nostra preoccupazione maggiore riguarda la contaminazione culturale comportata dalla diffusione delle nuove tecnologie nel mondo giovanile delle minoranze. Si tratta di un fenomeno di globalizzazione che rischia seriamente di oscurare la ricchezza dell'identità delle tre comunità, portando ad un distacco delle nuove generazioni dalle tradizioni della propria gente. Su questo, ci giochiamo tutto con la formazione dei giovani di oggi: se loro perdono il contatto con le tradizioni e le specificità culturali di origine verranno meno anche le comunità». Sebbene nel corso degli ultimi anni il numero delle persone che si sono dichiarate appartenenti ad una minoranza siano rimaste pressoché stabili, con dei distinguo, le comunità linguistiche si sono dimostrate a forte rischio di dispersione culturale. Quelle maggiormente interessate dalla contaminazione sono le minoranze con i numeri più esigui, in particolare i cimbri (rimasti pressoché stabili negli ultimi dieci anni) ed i mòcheni, che sono invece scesi a 1.660 censiti dai 2.278 del 2001. Meno a rischio, invece, la comunità fassana di lingua ladina, arrivata nel corso degli ultimi anni a comprendere 9.923 persone. «Per permettere ai giovani di continuare a vivere il proprio territorio - ha aggiunto Pallaoro - servono tuttavia interventi economici mirati. Una questione non secondaria su cui, tuttavia, l'amministrazione provinciale si è dimostrata attenta, avviando un tavolo di sviluppo triennale». Altro aspetto critico riportato nel rapporto, assieme all'annoso problema della commissione per la toponomastica, mai convocata, è la percezione spesso scorretta delle minoranze nella popolazione trentina, che vede nelle tre comunità la cristallizzazione di alcuni privilegi. A tal riguardo è intervenuto il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti . «Da un'indagine effettuata nell'ambito del confronto per la riforma dello Statuto - ha specificato al riguardo - è emerso che la gran parte degli intervistati non era consapevole dell'importanza storica delle tre minoranze e della loro unicità. In questo senso è necessario avviare un nuovo percorso di riflessione e conoscenza per la cittadinanza».
L'ADIGE