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06/06/2017
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SE IL PASSATO DIVENTA SPETTACOLO

Lavarone «Recuperando il tempo»: tre giorni tra vecchi mestieri e vita rurale



LAVARONE - Siamo in un territorio montano unico per la sua bellezza, per come è curato nei minimi particolari, per l'accoglienza, per il sorriso dei suoi abitanti. Lavarone, chiamata anche la «piccola Svizzera», ha aperto le porte al passato, mettendo insieme una rievocazione storica che inorgoglisce il posto e porta a riflettere. La manifestazione «Recuperando il tempo», giunta alla sua seconda edizione, porta i piccoli villaggi cimbri dell'altopiano di Freud a tuffarsi in uno scorcio storico di inizio Novecento intaccato dal passaggio della grande guerra. È un intreccio di passioni, di emozioni, di momenti che, guardandoli con una lente d'ingrandimento, non sono molto lontani dalla modernità, dove guerre, migrazioni e profughi sottolineano la contemporaneità. Ogni luogo ha proposto un tema legato agli antichi mestieri, all'arte culinaria povera, rurale, contadina. Protagonisti 300 figuranti del posto, giovani e vecchi montanari raccolti nei loro fazzoletti, nelle braghe di fustagno, nelle vesti lunghe e nere, con le sgalmere e gli scarponi, con rastrelli, forche, ecc., un palcoscenico inimitabile con il lago ed il forte Gschwent a fare da protagonisti immortali. Proprio al Werk hanno avuto luogo i discorsi ufficiali, gli incontri tra Standschützen, Schützen, Kaiserjeager, Banda Folk di Folgaria, Banda di Cortina all'Adige, qua e là qualche cappello di alpino sparito in mezzo alla folla. Cristian Merzi, direttore della fortezza Belvedere, ricorda il passato, lo collega al presente. Un discorso che guarda all'Europa, il suo. La vice-sindaca di Lavarone Adriana Fellin spiega la manifestazione presentando i gruppi, poi la parola passa al borgomastro. «Siamo qui anche per riflettere, per aprire le coscienze, le guerre nel mondo non sono finite e nessuno di noi può chiamarsi fuori. Non possiamo dire non posso o non voglio, perché tutti nel nostro piccolo siamo responsabili della metamorfosi umana» ha detto Isacco Corradi, il sindaco, puntando molto su un messaggio di pace e fraternità tra le genti. Parole forti, che partono da lontano quando anche la gente del suo altopiano era profuga, migrava in cerca di un tozzo di pane, quanto la povertà bussava alle porte di queste terre appese all'immaginario. Appena sopra, sulle cupole del forte, volteggiano solitari due cardellini. È bello pensare che uno sia italiano e l'altro austriaco. Erano insieme, nello stesso pezzo di cielo, sullo stesso larice. La presidente della Comunità Nicoletta Carbonari ricorda come i figli di queste distese abbiano sacrificato la loro vita per il bene comune, per costruire un mondo migliore. «Oggi consegnamo alle future generazioni un mondo storto», ha detto. Intervento anche di Romed Giner, Huaptmann dell'Osts Gruppe Kaiserjeager di Innsbruck, poche parole per riallacciare i fili della storia, due bandiere che si toccano, un grazie a Lavarone e alla sua gente che vuole ricordare. In rappresentanza della Provincia c'è il consigliere Lorenzo Baratter, che ricorda i passaggi storici del secolo breve, i profughi di Lavarone a Braunau, quella lapide di Mario Mato con scritto «Eine Seite unserer Geschichte», (una pagina della nostra storia). Toccanti le frasi del parroco don Gianfranco Corradi, che ricorda alcuni aneddoti legati alla madre deportata nel campo profughi di Braunau nel 1915. Benedice la gente con il cuore che piange. La sfilata si snoda lungo l'itinerario che dal forte porta a Gionghi, davanti alle scuole, nella grande e maestosa open hall del municipio. Giulio e Aldo Corradi fischiettano una musica strana, i bambini giocano, le mamme ed i turisti sono felici, uno spicchio di sole buca le nuvole. Questa tre giorni, di grande significato, è una manifestazione che coinvolge tutta la comunità e che soprattutto crea comunità.


L'ADIGE
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