Il tenente Vigilio Gheser aveva il motore del caccia in avaria
Medaglia al «Top gun» trentino
Il tenente Vigilio Gheser aveva il motore del caccia in avaria
L’atterraggio senza mettere in pericolo la popolazione civile
L7121810
IN VOLO
MISSIONE RIUSCITA
Vigilio
Gheser /1
L’EMERGENZA
Ho sentito un rumore
sordo al motore: era
mancata la spinta Vigilio
Gheser /2
SCELTA CORAGGIOSA
Più facile sganciare
i serbatoi di combustibile
Ma sotto c’erano case Vigilio
Gheser /3
PREPARAZIONE
La paura? Non c’è tempo
di averla. Ho pensato solo
alle procedure da seguire
Il mondo, di solito, lo osserva
dall’alto. Dalla cabina del suo cacciabombardiere
leggero Amx. Ma
quando torna a casa e le montagne
sono imbiancate rimane con
i piedi ben ancorati a terra, negli
scarponi da sci, per l’esattezza.
Vigilio Gheser, 29 anni, di Lavarone,
nel 2000 ha lasciato l’albergo
di famiglia, il Miramonti, salutato
mamma Rosanna e papà Silvano,
i sette fratelli ed ha spiccato
il volo (e non è una metafora).
«Amavo sciare, la montagna e gli
sport estremi. Ho sempre avuto
l’idea di volare, ma non sapevo se
ci sarei riuscito. Finché a 22 anni
ho deciso di provare. Al primo tentativo
sono entrato in aeronautica
».
Maturità linguistica in tasca e
maestro di sci, dopo il concorso
di complemento per entrare in aeronautica
Gheser ha conseguito
il brevetto da pilota d’aereo a Roma.
Quindi ha seguito il corso a
Lecce per diventare pilota militare:
nove mesi sul Jet 339, il velivolo
delle Frecce Tricolori. Primo del
corso: «Ma anche la fortuna gioca
un ruolo». Dal maggio 2004 Gheser
è un pilota militare ed oggi fa
parte del 131° Gruppo volo del 51°
Stormo dell’Aeronautica militare
di Istrana (Treviso), dove è comandante
di squadriglia (qualifica
capo copia) con il grado di tenente.
Vigilio Gheser sarà presto insignito
della medaglia di bronzo al
valore aeronautico. Un’onorificenza
concessa al giovane pilota dal
presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, su proposta del
ministero della difesa, Arturo Parisi,
grazie ad un coraggioso atterraggio
portato a termine dal pilota
trentino con il motore del velivolo
in avaria, senza mai mettere
a repentaglio la popolazione civile
ed il personale militare.
Il brivido in volo risale al 14 ottobre
2005: Gheser era decollato
per primo dalla base di Decimomannu
(Cagliari) - con la supervisione
di un pilota più esperto - ma
dopo una trentina di secondi, in
piena fase di accelerazione, il giovane
pilota ha sentito un forte calo
nella spinta del propulsore. «Ho
sentito un motore sordo al motore
e ho capito che era mancata la
spinta. Si tratta di un’emergenza
grave e molto rara. In pochi secondo
ho deciso di tornare al campo.
L’addestramento seguito fino
a quel momento mi ha fatto fare
le cose giuste - spiega - considerare
spinta ed energia che avevo
e girare verso il campo nuovamente,
per provare un atterraggio di
fortuna», racconta. Una situazione
di emergenza nella quale, come
si legge nel testo di assegnazione
della medaglia, il giovane ha
dato prova di «estrema lucidità»
e «raro coraggio», valutando di
avere sufficiente energia per completare
la manovra senza dover
sganciare i carichi esterni. «La prima
ipotesi che si prende in considerazione
in questi casi, di solito,
è quella di sganciare i carichi esterni:
in questo caso si trattava di serbatoi
pieni di combustibile. Visto
che sotto c’erano delle case ho
deciso di non sganciarli. Se lo
avessi fatto avrei avuto una possibilità
in più di arrivare all’atterraggio.
Alla fine sono riuscito ad
arrivare all’aeroporto dal quale
ero decollato e con spinta del motore
quasi a zero ho abbassato i
carrelli. Così sono riuscito ad atterrare
senza altri "inconvenienti"
». In questo modo il giovane pilota,
ha concluso la missione «senza
mettere in pericolo l’incolumità
della popolazione civile e del
personale militare ed evitando la
perdita di un prezioso mezzo». Un
gesto di «sprezzo del pericolo» e
«non comune senso del dovere».
Insomma, una condotta encomiabile
sotto il profilo umano e professionale
che varrà a Gheser una
bella medaglia.
Ma la paura, quel giorno, c’è stata?
«Non c’è tempo di avere paura.
In quel momento ero molto
concentrato e non ho pensato: "Se
va male, va male veramente". Ho
pensato solo alle procedure da seguire,
alla preparazione che mi era
stata data dagli istruttore e mi è
andata bene. Noi abbiamo un simulatore
delle emergenze, ma
mancano le sensazioni esterne.
Quando si sbaglia sul simulatore
basta resettare, nella realtà non è
così».
La stessa differenza che corre
fra gli addestramenti e le missioni
reali. Finora Gheser non ha mai
dovuto partecipare a ruoli operativi,
ma sa che prima o poi potrebbe
dover sorvolare con il caccia
zone di guerra: «Non è ancora successo,
l’anno scorso dovevamo
partire per l’Afghanistan, ma poi
la missione è stata cancellata. A
livello operativo è il momento in
cui dimostrare la pasta di cui siamo
fatti. A livello umano ciascuno
prende la sua decisione, è il nostro
lavoro».
Chissà a casa che palpitazioni...
«Siamo una famiglia semplice ed
a casa siamo in tanti. Io credo che,
quando un figlio è contento, anche
mamma e papà lo sono. Sicuramente
sono preoccupati, ma
non me lo hanno mai fatto pesare.
Io sono entusiasta delle mia
scelta. Per me questo è il lavoro
più bello del mondo». Insomma,
innamorato della vita da «Top gun»
(oltre che della fidanzata di Lavarone).
Ma il film di Tom Cruise (domanda
scontatissima, ci perdonerà),
lo ha visto? «Si - dice sorridendo
- anche se non è così fedele alla
vita reale. Sicuramente è accattivante.
Dal punto di vista tecnico
diciamo che il film è più incentrato
sulla difesa aerea, io invece
ho chi mi difende e devo rompere
le scatole a chi sta a terra».
PREMIATO. Dall’alto il tenente Vigilio Gheser di Lavarone e un cacciabombardiere Am-X F. P.
l'adige pag.26