Dai Giornali




Per le ricerche con parole chiave utlizza il modulo in fondo alla pagina (in basso a destra).




31/05/2015
()

DIE VERGESSENE OPTION DER FERSENTALER UND LUSERNER - L’OPZIONE DIMENTICATA DI MÒCHENI E LUSERNI

Italiano:

 

Il 21 aprile 1942 partirono 478 mòcheni e tre giorni dopo 192 luserni alla volta del campo di concentramento di transito di Hallein, presso Salisburgo, nella Germania di Hitler. 321 tra luserni e mòcheni,totalmente privi di proprietà immobiliari avevano già lasciato il paese e si erano stabiliti in Tirolo e in Voralberg. Altri erano ancora militari sotto l’esercito italiano, altri erano rimasti a casa per ragioni di salute. Per quale motivo mocheni e luserni abbandonarono le loro case per trasferirsi nella Germania di Hitler? Chi li convinse a “optare”? L’evento delle opzioni, vale a dire, della possibilità di scelta, libera e incondizionata sulla carta, forzata nei fatti, di trasferirsi da uno stato all’altro perché quello in cui si vive non rispecchia la propria nazionalità, anzitutto la propria lingua, fu una pratica che andò ad avverarsi in Europa nel XIX secolo contestualmente all’affermazione del principio di nazione. Lo stato nazionale doveva essere uno e indivisibile, doveva essere omogeneo sotto il profilo etnico e “razziale”. L’opzione dei sudtirolesi avvenuta in seguito agli accordi tra Germania e Italia del 23 giugno 1939, non fu quindi una trovata “originale” di Hitler e di Mussolini, era una linea di pensiero che andò comunemente a consolidarsi nella seconda parte dell’Ottocento, con l’irruzione nella storia, del lavoro industrialmente organizzato e il conseguente avvento della società di massa sullo sfondo della progressiva secolarizzazione degli stati europei. Il XIX, è il secolo in cui, quella che con una definizione sintetica chiamiamo “rivoluzione industriale”, trova la sua prima grande attuazione. L’economia si settorializza e si fa via via più tecnologica; aumenta la distanza tra padrone/imprenditore e lavoratore, tra stato e suddito, nascono i primi partiti, i quali fanno da molla propulsiva verso la democratizzazione degli operai. La comunicazione tra impresa privata e lavoratori organizzati e tra autorità pubblica e sudditi si burocratizza per cui, per il buon funzionamento, lo stato ha bisogno dell’alfabetismo di massa: si rende indispensabile l’istituzione della scuola pubblica affinché tutti sappiano leggere e scrivere. La comunicazione non è più la lingua scritta per pochi, appannaggio delle élites della grande e piccola borghesia e le tante e diverse parlate orali del popolo. La lingua scritta diviene anche prerogativa dei contadini come degli operai, di quella inedita classe sociale urbana che viene a chiamarsi proletariato. Negli ultimi due decenni del secolo XIX la scuola elementare si diffonde in modo capillare negli stati europei, ed anche in quegli stati dove l’istruzione pubblica era stata avviata con anticipo come nell’impero austro-ungarico, il numero degli interventi di istruzione per tutti si diffonde anche nelle zone più isolate e disagiate. Tra il 1870 ed il 1914 il numero dei maestri conosce in Europa una crescita esponenziale senza precedenti. Il nazionalismo linguistico annotò giustamente lo storico britannico, recentemente scomparso, Eric Hobsbawn, fu la creazione di gente che scriveva e leggeva, non di gente che parlava. Sarà nel XX secolo, con la caduta degli ultimi imperi plurinazionali, che si darà corso in Europa agli spostamenti di grandi masse di popolazione per accordo politico. Sotto il profilo giuridico-formale, gli stati attueranno per i propri cittadini, la possibilità di una scelta, di un’opzione, se restare, accettando la snazionalizzazione oppure se lasciare il proprio paese per trasferirsi in quella nazione che fondava la sua essenza sui medesimi tratti distintivi etno-linguistici che l’optante non vedeva riconosciuti a casa propria. Il provvedimento d’opzione trovava la sua legittimità nell’idea dell’irrinunciabile omogeneizzazione etnico-linguistica all’interno dei relativi stati nazionali. Con l’articolo 80 del trattato di Saint Germain (1919) si permetteva ai nuovi sudditi o cittadini degli appena costituiti stati nazionali ex sudditi dell’Impero austroungarico, la possibilità di non disgiungere la propria nazionalità dalla propria cittadinanza. In concreto, il sudtirolese di nazionalità tedesca avrebbe avuto un anno di tempo per optare per l’Austria e quindi trasferirsi oltre il Brennero, oppure non fare nulla e divenire ipso facto cittadino (suddito) italiano. Così pure per il tedesco in Cecoslovacchia, o il rumeno che veniva a diventare cittadino dello stato serbo-croatosloveno, avrebbe potuto optare per ricongiungersi al popolo rumeno. Coloro i quali non avessero esercitato il diritto di opzione andavano ad acquisire automaticamente, in base all’art. 70 del trattato di Saint Germain la cittadinanza del nuovo stato, purché fossero domiciliati con diritto di residenza in un comune del Sudtirolo almeno a partire dal 24 maggio 1915, il giorno in cui l’Italia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale, dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità in Europa. Chi non possedeva questi requisiti, circa trenta mila persone, aveva facoltà di optare per la cittadinanza italiana, in base all’articolo 22 del trattato di Saint Germain, con apposita domanda da presentare presso i Comuni. La gran parte di queste persone erano impiegati, ferrovieri, insegnanti, magistrati che si erano trasferiti in Sudtirolo provenienti da ogni parte dell’impero. Il diritto di opzione, come avverrà anche nel 1939, era riservato al capofamiglia ed era vincolante per moglie e figli minorenni. Quantunque l’Italia avesse promesso di procedere con speditezza e con occhio benevolo nei confronti di chi presentava istanza di acquisizione della cittadinanza italiana, la realtà fu affatto diversa. La gran parte delle domande fu vagliata con lentezza e alla fine, le domande respinte furono un terzo. Quasi diecimila persone vennero a trovarsi in situazione di grave disagio, soprattutto i dipendenti pubblici, cui la cittadinanza italiana era necessaria per poter lavorare. Per molte persone, rimaste licenziate per mancanza di cittadinanza, l’unica alternativa fu quella di emigrare nel Tirolo austriaco. La categoria di lavoratori più colpita dal rifiuto di ottenere la cittadinanza italiana fu quella dei ferrovieri. Nonostante lo sciopero e le manifestazioni di protesta furono via via licenziati, a partire dall’autunno del 1921 fino al 1923, circa il 90% dei ferrovieri, i quali dovettero emigrare nel Tirolo del Nord. Inizialmente furono costretti ad alloggiare in vagoni di emergenza sul binario morto della stazione di Innsbruck. Il personale venne rimpiazzato dal massiccio arrivo di ferrovieri italiani. Questo evento, assieme all’uccisione, il 24 aprile 1921, dell’insegnante di Marlengo/Marling Franz Innerhofer durante una sfilata in costume in occasione della fiera di Bolzano, da parte di fascisti venuti da fuori, costituì il prodromo della politica di assimilazione che con la caduta dello stato liberale parlamentare nell’ottobre del 1922, il governo fascista andò ad attuare negli anni successivi. Ma torniamo all’opzione decretata da Hitler e Mussolini, vent’anni dopo il passaggio di Trentino e Sudtirolo all’Italia, constatata la non avvenuta italianizzazione del Sudtirolo. L’accordo di Berlino del 23 giugno 1939 non aveva definito l’estensione del territorio dove l’Opzione avrebbe potuto essere esercitata. La determinazione del territorio degli accordi fu stabilita nelle norme attuative del 21 ottobre, le quali specificavano esattamente che della zona della provincia di Trento faceva parte degli accordi per l’opzione il territorio mistilingue di Egna. Mòcheni e Luserni ne erano dunque esclusi. Luserna e la val dei Mòcheni costituivano assieme poco più di due mila persone. Da parte italiana non vi era interesse ad inserire mòcheni e luserni negli accordi del 23 giugno. La loro assimilazione alla cultura italiana sarebbe potuta attuarsi dando un’impronta italiana alle nuove generazioni con l’istituzione della scuola unicamente in italiano e proibendo di parlare in pubblico mòcheno e luserno. Da parte italiana l’opzione rappresentava, l’estremo rimedio per sancire l’italianità dei confini sino allo spartiacque, al cosiddetto confine “naturale” del Brennero, dopo il fallimento della politica snazionalizzatrice messa in campo dal regime fascista. I gerarchi fascisti si proponevano di forzare anzitutto la partenza delle élites inellettuali della borghesia sudtirolese, dei liberi professionisti e di favorire l’immigrazione italiana. Dovevano però lasciare il Sudtirolo anche gli artigiani indipendenti e gli imprenditori produttori di vino e frutta così pure i lavoratori dipendenti che potevano facilmente essere sostituiti da manodopera italiana, così da fare in modo che i sudtirolesi di lingua tedesca venissero ad essere minoranza anche all’interno del loro territorio e quindi più facilmente assimilabili alla cultura dominante. I contadini di montagna dovevano invece restare visto che non era facile la gestione dei masi di montagna. Ma, per quel che concerne i mòcheni e i luserni, queste problematiche erano assenti. Non si registrano infatti nelle due comunità negli anni precedenti al 1939 episodi di contestazione del regime fascista, d‘altronde in epoca asburgica mòcheni e luserni usufruivano sì di scuole in tedesco o in italiano, ma, sull’esterno, nella comunicazione orale o negli atti pubblici scritti, le due comunità erano abituate a non usare la loro lingua. Era tradizionalmente assodato che la lingua scritta fosse all’occorrenza o l’italiano o il tedesco. Le due comunità, non rivendicavano pari dignità alle loro lingue. Luserno e mòcheno erano (e in parte sono ancora) due idiomi che si afferivano esclusivamente all’ambito intra-comunitario. Per l’ambito extra-comunitario si parlava all’occorrenza l’italiano nella variante dialettale trentina o il tedesco nella variante dialettale tirolese. Il divieto di parlare la propria lingua imposto dal regime ebbe quindi un impatto minore sulle due comunità, abituate com’erano ad usare mòcheno e luserno solo nella lingua orale. Sia i mòcheni sia i luserni intrattenevano rapporti col Sudtirolo e col mondo tedesco in genere. Molti di loro erano emigranti stagionali di mestiere: durante la stagione fredda, finiti i lavori nei campi, i luserni erano muratori mentre i mòcheni erano dediti al commercio ambulante. Furono questi lavoratori stagionali a portare ai loro paesi di origine la notizia dell’opportunità di opzione per la Germania che veniva data ai sudtirolesi. Furono quindi gli stessi mòcheni e luserni a farsi avanti, a rivendicare per anch’essi il diritto all’opzione. La situazione di disagio economico era tale che la prospettiva dell’emigrazione nella prospera Germania era allettante: l’ammissione all’Opzione avvenne in extremis e in modo non ufficiale, infatti, sul piano giuridico-formale, per mòcheni e luserni lo stato italiano non prese alcun impegno. Il trasferimento di mòcheni e luserni si basò su accordi di tipo verbale il che non mancò di creare fraintendimenti e controversie nel momento in cui gli optanti si recavano presso gli uffici comunali a richiedere certificazione in merito. Nella questione dell’opzione mocheno-luserna l’unicoatto di parte italiana fu quello della Prefettura di Trento la quale provvide gli emigranti di un passaporto collettivo per l’espatrio in Germania. Per le due isole germanofone operarono unicamente le strutture di emanazione del Reich, lo stato italiano le aveva di fatto abbandonate. Le autorità germaniche si impegnarono al pagamento delle spese di viaggio, alla valutazione dei beni ed al relativo acquisto al prezzo simbolico di lire 1 con l’intesa che l’equivalente valore reale, sarebbe stato corrisposto nella nuova patria e misero in piedi una propaganda capillare fatta di menzogne a favore dell’emigrazione nel Reich. La Germania aveva bisogno di forza lavoro e di soldati da mandare al fronte a combattere. Agli optanti mòcheni e luserni fu promesso che in Germania sarebbero diventati proprietari di beni della stessa entità e dello stesso valore. Questo fatto però non avvenne. Non vi sono testimonianze di assegnazioni di beni immobili in proprietà né a mòcheni né a luserni, ma solamente di assegnazione in comodato d’uso. Nell’aprile del 1942 gli optanti si stabilirono nella Boemia meridionale, nei paesi di Brloh pod Kletí (Berlau), Nová ves (Neudorf), Kremže (Krems), Krasetín (Krassetin), Cakov (Großtschekau), Kvítkovice (Kwitkowitz), Dubné (Duben), Krenovice (Kschenowitz) und Branišov (Branischau). Circa una metà degli optanti di Luserna, quelli che di mestiere erano muratori, furono insediati in varie zone del Vorarlberg e del Tirolo settentrionale.Nel maggio del 1945, in seguito alla capitolazione della Germania, gli optanti insediati in Boemia dovettero fare ritorno in Italia in fretta e in furia, nelle loro vecchie case. Gli optanti di Luserna insediati in Vorarllberg rimasero quasi tutti in Austria.

 

Paolo Cova


 

 

 

 

Deutsch:

 

Wir veroffentlichen nachstehend eine Zusammenfassung der Schwerpunkte des Buches zum Drama der Optionszeit in den Trentiner Sprachinseln von Dr. Paolo Cova. Das 2014 vom Fersentaler Kulturinstitut herausgegebene Buch mit dem Titel „Ein groser Betrug“ist im Hauptsitz des Kulturinstituts in Palai im Fersental erhaltlich. Am 21. April 1942 machten sich 478 Fersentaler und drei Tage spater 192 Luserner auf den Weg zum Zwischenlager Hallein in der Nahe von Salzburg, um dann in das Nationalsozialistische Deutschland zu gelangen. Weitere 321 besitzlose Luserner und Fersentaler hatten ihre Heimat bereits verlassen und waren in Tirol und Vorarlberg angesiedelt worden. Einige dienten noch im italienischen Heer oder waren aus Krankheitsgrunden zuruckgeblieben. Aus welchem Grund aber verliesen Fersentaler und Luserner ihre Dorfer, um in das Nationalsozialistische Deutschland zu ubersiedeln? Wer uberredete sie, zu optieren? Die Moglichkeit der Option, d. h.der auf dem Papier freiwilligen und bedingungslosen Wahl, die in der Tat aber erzwungen wurde, von einem Staat in einen anderen zu ubersiedeln, weil der, in dem man lebt, nicht mehr die eigene Nationalitat und hauptsachlich nicht mehr die eigene Sprache widerspiegelt. Nationalstaaten mussten eine untrennbare Einheit bilden und ethnisch homogen sein. Das am 23. Juni 1939 zwischen Deutschland und Italien unterzeichnete Abkommen zur Umsiedlung der Sudtiroler war also nicht eine „Originalerfi ndung“ von Hitler und Mussolini, sondern geht auf das Gedankengut zuruck, das sich in der zweiten Halfte des 19. Jahrhunderts mit dem Hereinbrechen in die Geschichte der industriell organisierten Arbeit und der daraus folgenden Massengesellschaft auf dem Hintergrund der schrittweisen Sakularisierung der europaischen Staaten entwickelte. Im 19. Jahrhundert fand jener tiefgreifende Gesellschaftswandel statt, der als „industrielle Revolution“ bezeichnet wird. Es entwickeln sich Wirtschaftsbranchen und eine immer fortgeschrittenere Technik; die Kluft zwischen Besitzer/Unternehmer und Arbeitnehmer, zwischen Staat und Untertanen vergrosert sich; es entstehen die ersten Parteien, die als Triebfeder fur die Demokratisierung der Arbeiter fungieren. Die Kommunikation zwischen Privatunternehmen und Arbeiterorganisationen, zwischen off entlichen Behorden und Untertanen burokratisiert sich, deshalb treibt der Staat die Alphabetisierung der Massen voran, um gut funktionieren zu konnen. Die Errichtung off entlicher Schulen, welche allen das Lesen und Schreiben beibringen sollen, wird somit unerlasslich. Die Kommunikation erfolgt nicht mehr uber eine nur wenigen gros- und kleinburgerlichen Eliten vorbehaltene Schriftsprache und den vielen verschiedenen vom Volk gesprochenen Mundarten. Die Schriftsprache ist nun auch fur Bauern und Arbeiter zuganglich, also jener neu entstandenen urbanen sozialen Schicht, die als Proletariat bezeichnet wurde. In den beiden letzten Jahrzehnten des 19. Jahrhunderts wird in ganz Europa die Grundschule eingefuhrt. In den Landern, wie z. B. das osterreichisch-ungarische Kaiserreich, in denen die Grundschule bereits eingefuhrt worden war, werden Bildungsmasnahmen fur alle auch in den abgeschiedensten Gegenden getroff en. Zwischen 1870 und 1914 nimmt die Zahl der Lehrer in Europa von Jahr zu Jahr immer mehr zu. Wie der vor Kurzem verstorbene britische Historiker, Eric Hobsbawn, anmerkte, bestand der sprachliche Nationalismus darin, Menschen zu schaffen, die schreiben und lesen konnen, nicht solche, die sprechen konnen. Im 20. Jahrhundert nach dem Zerfall der letzten Mehrvolkerstaaten werden in Europa aufgrund politischer Abmachungen ganze Bevolkerungsgruppen umgesiedelt. In rechtlich-formeller Hinsicht bieten die Staaten ihren Burgern eine Entscheidungsmoglichkeit, eine Option an, d. h. sie konnen bleiben und eine Entnationalisierung akzeptieren oder ihr Land verlassen, um sich in jener Nation anzusiedeln, die sich in denselben ethnischen und sprachlichen Eigenschaften des Optanten erkennt, die aber im eigenen Land nicht anerkannt sind. Durch das Ideal der unverzichtbaren ethnischen und sprachlichen Vereinheitlichung innerhalb der jeweiligen Nationalstaaten erhalt die Einfuhrung der Option ihre Legitimation. Laut Art. 80 des Vertrags von Saint Germain (1919) wurde den neuen Untertanen bzw. Burgern der jungst entstandenen Nationalstaaten, den ehemaligen Burgern der osterreichisch-ungarischen Monarchie, die Moglichkeit eroffnet, Nationalitat und Staatsburgerschaft nicht voneinander zu trennen. Im konkreten Fall hatte ein deutschsprachiger Sudtiroler ein Jahr lang Zeit, um fur Osterreich zu optieren und jenseits des Brenners zu ubersiedeln oder nichts zu unternehmen und ipso facto italienischer Staatsburger (Untertan) zu werden. Dasselbe galt fur die deutschsprachigen Tschechen oder die rumanischsprachigen im serbisch-kroatisch-slowenischen Staat, die fur eine Vereinigung mit dem rumanischen Volk hatten optieren konnen. Personen, die nicht von ihrem Optionsrecht Gebrauch machten, waren automatisch aufgrund des Art. 70 des Vertrags von Saint Germain zu Burgern des neuen Staates geworden, sofern sie mindestens seit 24. Mai 1915 in einer Gemeinde Sudtirols mit Ansassigkeitsrecht wohnhaft waren. An diesem Tag lies sich Italien in den Krieg gegen die Mittelmachte ein und sturzte sich – zehn Monate nach Beginn der Kriegshandlungen in Europa – in den Ersten Weltkrieg. Wer diese Voraussetzungen nicht besas, namlich ungefahr dreisigtausend Personen, konnte aufgrund des Art. 22 des Vertrags von Saint Germain anhand eines speziellen an die Gemeinde zu stellenden Antrags fur die italienische Staatsburgerschaft optieren. Diese Personen waren zumeist Angestellte, Eisenbahner, Lehrkrafte und Richter, die aus allen Teilen des Reichs nach Sudtirol gezogen waren. Das Optionsrecht war, wie dann auch 1939, dem Familienoberhaupt vorbehalten und fur die Ehefrau und die minderjahrigen Kinder bindend. Obwohl Italien versprochen hatte, die Antrage auf Erhalt der italienischen Staatsburgerschaft umgehend und mit Wohlwollen zu prufen, war es in Wirklichkeit ganz anders. Ein Grosteil der Antrage wurde mit groser Verzogerung gepruft und schlieslich wurde ein Drittel davon abgelehnt. An die zehntausend Personen, hauptsachlich offentliche Bedienstete, fur die die italienische Staatsburgerschaft eine Voraussetzung war, um arbeiten zu konnen, kamen deshalb in grose Schwierigkeiten. Vielen wurde gekundigt, weil sie ohne Staatsburgerschaft waren. So blieb ihnen nichts anderes ubrig, als nach Tirol auszuwandern. Die am starksten betroffene Berufsgruppe war jene der Eisenbahner. Trotz Streik und Protestkundgebungen wurden zwischen Herbst 1921 und 1923 ungefahr 90 Prozent der Eisenbahner entlassen und mussten daher nach Nordtirol auswandern. Anfangs wurden sie in Eisenbahnwaggons auf dem Abstellgleis am Bahnhof Innsbruck untergebracht. Dieses Personal wurde nacheinander durch Eisenbahner ersetzt, die aus Italien kamen. Dieses Vorgehen sowie der Mord an Franz Innerhofer, einem Lehrer aus Marling, der wahrend eines Trachtenumzugs anlasslich der Bozner Messe von auserhalb des Landes kommenden Faschisten verubt worden war, waren die ersten Vorzeichen der Assimilationspolitik, die spater die Faschistische Regierung nach der Machtubernahme Mussolinis im Oktober 1922 umsetzen wird. Aber kommen wir auf das Optionsabkommen zwischen Hitler und Mussolini zuruck, das zwanzig Jahre nach dem Ubergang von Trentino und Sudtirol auf Italien aufgrund der Tatsache getroffen wurde, dass die Italianisierung Sudtirols nicht vollzogen war. In dem am 23. Juni 1939 in Berlin unterzeichneten Abkommen war die Ausdehnung des Gebiets, in dem vom Optionsrecht Gebrauch gemacht werden konnte, nicht festgelegt worden. Dies wurde in den Durchfuhrungsbestimmungen zum Abkommen am 21. Oktober nachgeholt, wobei in der Provinz Trient das gemischtsprachige Gebiet von Neumarkt einbezogen wurde. Demnach waren die Fersentaler und Luserner nicht betroffen. Lusern und das Fersental hatten zusammen gut zweitausend Einwohner. Von italienischer Seite bestand keinerlei Interesse, die Fersentaler und Luserner unter das Abkommen vom 23. Juni fallen zu lassen. Ihre Assimilation innerhalb der italienischen Kultur konnte durch die entsprechende Pragung der neuen Generationen erreicht werden, indem an den Schulen ausschlieslich in italienischer Sprache unterrichtet und der Gebrauch der Fersentaler und der Zimbrischen Sprache in der Offentlichkeit verboten wurde. Fur Italien stellte die Option nach der erfolglosen Entnationalisierungspolitik des faschistischen Regimes den letzten Weg dar, um festzusetzen, dass das Gebiet bis zur Wasserscheide, also bis zur naturlichen Grenze des Brenners, italienisch sei. Ziel der faschistischen Parteifunktionare war es hauptsachlich, das Abreisen der intellektuellen Elite des Sudtiroler Burgertums und der Freiberufler zu erzwingen und die Einwanderung von Italienern zu begunstigen. Allerdings sollten auch die unabhangigen Handwerker und die Wein- und Obstproduzenten sowie jene Arbeitnehmenden Sudtirol verlassen, die problemlos durch italienische Arbeitskrafte ersetzt werden konnten, sodass die deutschsprachigen Sudtiroler zur Minderheit in ihrem Land und somit leichter innerhalb der Leitkultur assimiliert werden konnten. Die Bergbauern sollten hingegen bleiben, weil die Fuhrung eines Bergbauernhofs schwer war. Doch was die Fersentaler und Luserner betrifft, galten diese Uberlegungen nicht. In der Zeit vor 1939 ereigneten sich in diesen beiden Gemeinschaften auch keine Protestvorfalle gegen das faschistische Regime. Die Fersentaler und die Luserner verfugten zwar wahrend der k.u.k. Zeit uber deutsche oder italienische Schulen, doch was die mundliche Kommunikation oder schriftliche offentliche Akte anging, waren sie daran gewohnt, ihre eigene Sprache nicht zu benutzen. Es war also seit jeher selbstverstandlich, dass entweder Italienisch oder Deutsch geschrieben wurde. Die beiden Gemeinschaften forderten keinerlei Gleichberechtigung fur die eigene Sprache. Zimbrisch und Fersentalerisch waren (und sind zum Teil noch heute) Sprachen, die ausschlieslich fur die innergemeinschaftliche Kommunikation bestimmt waren. Auserhalb der Gemeinschaft wurde je nach Bedarf Trentiner Dialekt bzw. Sudtiroler Dialekt gesprochen. Demnach wirkte sich das vom Regime verhangte Verbot, die eigene Sprache zu sprechen, weniger stark auf die beiden Gemeinschaften aus, denn sie waren bereits daran gewohnt, das Fersentalerische und das Zimbrische nur fur den mundlichen Austausch zu benutzen. Sowohl die Fersentaler als auch die Luserner unterhielten mit Sudtirol und allgemein mit dem deutschsprachigen Raum rege Beziehungen. Viele von ihnen waren Saisonarbeiter; in der kalten Jahreszeit, wenn die Arbeit auf den Feldern eingestellt wurde, waren die Luserner hauptsachlich als Maurer und die Fersentaler als Wanderhandler tatig. Die Nachricht von der den Sudtirolern gebotenen Optionsmoglichkeit wurde von diesen Saisonarbeitern in ihren Heimatdorfern verbreitet. Die Fersentaler und die Luserner ergriffen die Initiative, um selbst auch von diesem Recht Gebrauch machen zu konnen, denn die wirtschaftliche Lage war derart schlecht, dass die Moglichkeit der Auswanderung in das florierende Deutschland verlockend war. Die Zulassung zur Option erfolgte in extremis und nicht auf offiziellem Weg; der italienische Staat ging namlich fur die Fersentaler und die Luserner keinerlei rechtlich-formale Verpflichtung ein. Die Ubersiedlung der Fersentaler und Luserner beruhte auf einer mundlichen Abmachung und fuhrte zu Missverstandnissen und Beanstandungen, als die Optanten bei den Gemeindeamtern die entsprechenden Bescheinigungen beantragten. In der Frage der Optionsmoglichkeit fur Fersentaler und Luserner wurde von italienischer Seite durch die Prafektur Trient einzig ein Sammelreisepass fur die Ausreise nach Deutschland ausgestellt. In den beiden deutschen Sprachinseln war nur die Verbindungsstelle der DAT (Deutsche Abwanderungs-Treuhandgesellschaft) tatig, der italienische Staat hatte sie praktisch sich selbst uberlassen. Die deutschen Behorden verpflichteten sich, die Reisekosten zu ubernehmen, das Vermogen zu bewerten und einen symbolischen Kaufpreis von einer Lira dafur zu bezahlen, mit dem Versprechen, dass der entsprechende tatsachliche Wert in der neuen Heimat vergutet wurde. Somit wurde eine umfassende auf Lugen aufgebaute Propagandakampagne zugunsten der Auswanderung gemacht. Deutschland benotigte namlich Arbeitskrafte und Soldaten fur die Front. Den Fersentaler und den Luserner Optanten wurde

versprochen, dass sie in Deutschland in den Besitz von Vermogen im selben Ausmas und Wert kommen wurden, wozu es allerdings nicht kam. Es gibt keinerlei Belege fur die Ubertragung von Eigentum an Fersentaler oder an Luserner, sondern nur fur die Nutzungsleihe von Gutern. Im April 1942 siedelten sich die Optanten in Brloh pod Kleti (Berlau), Nova ves (Neudorf), Kremže (Krems), Krasetin (Krassetin), Cakov (Grostschekau), Kvitkovice (Kwitkowitz), Dubne (Duben), Krenovice (Kschenowitz) und Branišov (Branischau) in Sudbohmen an. Die Halfte der aus Lusern stammenden Optanten, namlich jene, die Maurer von Beruf waren, wurden im Vorarlberg und in Nordtirol angesiedelt.Im Mai 1945 nach der Kapitulation Deutschlands, mussten die in Bohmen angesiedelten Optanten Hals uber Kopf nach Italien in ihre fruheren Hauser zuruckkehren. Die im Vorarlberg angesiedelten Luserner Optanten blieben hingegen fast alle in Osterreich.

 

(Ubersetzung ins Deutsche: Autonome Region Trentino-Sudtirol)


LEM, maggio 2015, pag. 6-14
DIE VERGESSENE OPTION DER FERSENTALER UND LUSERNER - L’OPZIONE DIMENTICATA DI MÒCHENI E LUSERNI

CONDIVIDI