ATTUALITÀ - AL FESTIVAL TRA LE ROCCE E IL CIELO IN VALLARSA LINGUE RELIGIONI E CULTURE SI INCONTRANO
Le montagne forse non si incontreranno
mai, è vero, ma gli uomini di
montagna sì, per fortuna. Il festival
vallarsero “Tra le rocce e il cielo” è
un’occasione preziosa di incontro
tra uomini di montagna, minoranze
linguistiche, popoli. Già popoli, perché
le voci che si trovano a parlare
assieme in Vallarsa vengono da lontano,
da popoli che non hanno molte
occasioni di dialogo ravvicinato,
eppure ansiosi di comprendersi. Così
nella giornata delle lingue madri,
il 21 agosto scorso, le lingue piccole
del Trentino hanno potuto incontrare
voci di lontano, voci oltre ogni
immaginazione; la voce sommessa
che arriva dai campi di concentramento
serbi in Bosnia, una voce rotta
dal pianto tante volte, ma mai
sconfitta. Suvad-Dzevada RamicDedic,
che da quei campi è uscito
vivo per testimoniarne, oggi, dopo
oltre vent’anni, rivive giorno dopo
giorno la sua storia, e con disarmante
semplicità ripete più volte: “I popoli
non vogliono la guerra. Io, mi
sono detto, sono stato accolto devo
fare qualcosa per accogliere chi
ne ha bisogno” ecco grazie Suvad
anche per quei tuoi interminabili silenzi
quando la voce proprio non
voleva saperne di farsi sentire. E poi
grazie ad Asmae Dachan, giornalista
italiana di genitori siriani, le cui
foto della città di Homs hanno incorniciato
il teatro di Sant’Anna come
un’interminabile via crucis e si
sono posate sulle nostre anime come
un sudario. E grazie alla voce civile,
profondamente laica, ma così
densa di spiritualità dei valdesi, portata
da Roberto Mantovani.
Vil vert vorsemar, bia bartz soin azta
an alta khlummana zung, geredet
un vorstånt vo furse njånka tausankh
laüt, machtmar bokhennen sovl laüt
pitt stòrdje un kulturn un zungen asó
åndarst baz da moi. Stòrdje, zungen
un kulturn åndarst
ma nèt vort bait,
ombromm di laüt
patirn odar godarn
gelaich in da gåntz
bèlt, siånka azta vil
vert machpar fenta
zo vorgèzzaz; a
khinn iz khinn in
Beleschlåt azpe in
Siria, un steat a
khinn aftna bark boda
untargeat un asó
a muatar un a vatar.
A månn tarfat stian
hèrta a månn, pilt vo GottarHearn!
Un alora khüdemar ke ‘z iz furse prò-
pio moi alta khlummana zung hintargelltmar
von moinen, boda sovl
vert vüartme afte beng von åndarn
zo süacha zo vorstianase un zo machame
vorstian. Balda, von palko ar,
antånto azze hån geredet von moin
laüt, boda vor hundart djar, soin inkånt
untar in granattn hånne gesek
di zeacharn trang vort di varbe von
oang in baibe djüsto her vodar Siria,
hånne vorstånt ke moi alta zung hattme
no a bòtta gemacht vorstian vo
laüt boda schöllatnmar soin bait un
avetze vorsteabaraz azpe gesbistarn.
Asó haür o pinne vortkhent von Brånttal
eppaz raichar baz daz sèll bodeda
pinn gånt.
Andrea Nicolussi Golo
L'Adige, Di Sait vo Lusérn,venerdì 4 settembre, pag. 32